"Chi vive all’estero - specialmente per periodi medio lunghi, e in grado direttamente proporzionale alla diversità della cultura ospite da quella di origine - sa che risiedere in un paese diverso da quello in cui si è nati e cresciuti è un’esperienza totalizzante e potenzialmente destabilizzante (sia nel bene che nel male): può essere appagante ed estremamente stimolante, ma può anche rivelarsi, al contempo, piena di insidie e frustrazioni.
Il cosiddetto “shock culturale” (definizione coniata nel 1960 dall’antropologo Kalervo Oberg per descrivere la sensazione di ansia provata da chi sta all’estero, e generata dall’impressione di aver perso tutti i segnali di riferimento familiari ed esistenziali che sono alla base dell’interazione sociale tra esseri umani) è sempre in agguato; ma, così come “destabilizzazione” può avere un’accezione sia positiva che negativa a seconda dei casi e delle situazioni, anche questo tipo di “trauma”, come tutti i traumi, può avere effetti sia positivi che negativi.
Può aprire la mente, dando il via a una più profonda presa di coscienza che porti ad accettare serenamente diversità e differenze come elementi fondanti della vita e fonti di arricchimento, ma può anche causarne la brusca chiusura, con conseguente rifiuto di ciò che è “diverso” e la spinta a rifugiarsi in se stessi e in ciò che è familiare.
A dire la verità, però, si tratta di un’esperienza che, specialmente con tale intensità, non mi ha mai personalmente riguardato: sono stato in Giappone la prima volta dopo anni di studio, sia personale che a livello universitario, ed ero quindi probabilmente gia’ preparato, per quanto lo si possa davvero essere, a ciò che avrei visto e vissuto. In Cina poi sono venuto dopo anni di frequentazione con l’Asia Orientale, e nonostante l’incredibile e multiforme varietà che esiste in questo enorme paese, non c’è nulla che mi abbia realmente fatto provare uno shock.
Almeno non fino a qualche giorno fa...
D’accordo, forse parlare di shock in questo caso è eccessivo, ma è stato comunque qualcosa di cui ho preso consapevolezza tutto insieme e all’improvviso, e che mi fatto riflettere nonostante non fosse la prima volta che mi trovavo ad osservare una scena del genere.
Alessandro ha deciso di esporci una delle esperienze più stimolanti, ma al tempo stesso
frustranti come quella del trasferimento in una nuova città all'estero:
Il cosiddetto Shock Culturale, e di come ha vissuto il suo trasferimento
a Pechino insieme alla sua famiglia
Scritto da:
Alessandro
Vivere i parchi
Vicino a casa nostra qui a Pechino ci sono diversi parchi, il più piccolo dei quali, lo 红领巾公园 (Honglingjin Gongyuan, letteralmente il Parco della Fazzoletto Rosso, in riferimento al fazzoletto colorato portato al collo da boy scout e organizzazioni simili per indicare gradi e differenze gerarchiche ed organizzative) è raggiungibile a piedi in poco poco più di venticinque minuti.
Qualche anno fa, di mattina presto, ho accompagnato mia moglie ad un colloquio di lavoro da quelle parti, e ho deciso di aspettarla leggendo un libro seduto su una panchina nel parco. Erano le 7.30, ora in cui solitamente a Roma i parchi sono molto poco frequentati (ammesso che siano gia’ aperti), e mi immaginavo di trovare una panchina libera senza nessun problema; mi sbagliavo!
Gia’ a quell’ora il posto era affollatissimo di ogni tipo di gente intenta a godersi l’aria aperta e la bella giornata nei modi più disparati. Quello che mi ha più colpito, oltre al puro e semplice numero delle persone, è stata la moltitudine di differenti attività che si stavano svolgendo contemporaneamente, la maggior parte delle quali sconosciuta nei parchi italiani (qualcuna, anzi, da noi avrebbe probabilmente attirato l’attenzione delle forze dell’ordine per disturbo della quiete pubblica).
C’erano, come è ovvio, nonni, mamme e papà a passeggio con figli e nipoti, anziani seduti a sventolarsi e chiacchierare gli uni con gli altri e gente che faceva jogging.Fin qui nulla di strano direte voi...no infatti, o almeno non finché i vostri occhi e le vostre orecchie non avessero preso coscienza del gruppetto di persone di mezz’età intente a cantare con tanto di microfoni e amplificatori non lontano dall’entrata, o finché non aveste visto le gabbiette per uccelli, alcune delle quali finemente decorate, appese ai rami dell’albero accanto all’organizzatissimo signore anziano seduto di fronte a voi (portare gli uccellini al parco per godere del loro canto all’aria aperta è una delle più classiche attività degli anziani pechinesi), che al momento di andarsene le coprirà accuratamente con un panno, le unirà due a due agganciandole a una corta asta di legno fatta all’uopo e le porterà via come come fossero valigie.
NOTE:
La foto di sfondo è stata realizzata da Alessandro durente uno dei suoi tour.
Questa e altre stupende foto sono disponibili sulla sua galleria Flickr che potete trovare nei collegamenti qui sopra.
QUESTA PAGINA è STATA REALIZZATA CON LA COLLABORAZIONE DI : ALESSANDRO
BIO:
Mi è stato gentilmente chiesto di presentarmi un poco, ed eccomi qui:
Mi chiamo Alessandro, ho 41 anni e sono nato e cresciuto a Roma. Mi sono laureato in “giapponese” la bellezza di ormai 15 anni fa alla Sapienza, e da allora ho, diciamo, saltato il fosso e, complice mia moglie, mi sono dedicato invece alla Cina. Dopo più di 3 anni passati a Roma, viviamo a Pechino da ormai oltre 6 anni. Da 3 anni ci accompagna anche un piccolo romano-pechinese tutto pepe, che ormai comincia a districarsi egregiamente tra mandarino e romano, anche se essendo nato e cresciuto qui, il mandarino gli viene più “naturale”. Ho sempre amato molto le lingue; vivere veramente in un posto, per me, significa anche impararne (nei limiti del possibile) la lingua…altrimenti si rischia di essere fisicamente presenti, ma di non vivere realmente lì.